Un recente episodio del podcast All-In ha fornito un'analisi affascinante dei punti di vista della nuova amministrazione Trump (attraverso David Sachs, zar dell'IA e delle criptovalute) contrapposti alla mentalità (democratica) più tradizionale di Larry Summers, già segretario al Tesoro sotto l'amministrazione Clinton.
Summers ha paragonato l'amministrazione Trump a quella di Peron in Argentina, definendo le sue politiche sconsiderate e autolesioniste. Sachs, dal canto suo, ha difeso la sostanziale necessità di un cambiamento, affermando che l'America deve smettere di farsi "usare" dal resto del mondo. Il carico emotivo del confronto ha evidenziato la realtà che i mercati globali si trovano ad affrontare: un mondo fatto di estremismi imbevuti di emozioni accese, in cui il leader del mondo occidentale è alla testa di decisioni di policy inedite e quindi incerte. Il grafico del Financial Times, riprodotto nel tweet allegato, ne mostra con chiarezza l'impatto.
Sarebbe comprensibile se un outsider pensasse che le politiche economiche statunitensi siano qualcosa di improvvisato. Il metodo di calcolo utilizzato per determinare i forti aumenti dei dazi è stato messo in ridicolo; al tempo stesso, nell'arco di una sola settimana abbiamo assistito a un significativo dietrofront, culminato nella sospensione di tutti i dazi superiori al 10% per un periodo di 90 giorni, per lasciare spazio ai negoziati con i singoli paesi.
Il mercato si è espresso con estrema chiarezza su questa incertezza. Nei periodi di difficoltà, sarebbe normale che i flussi di fondi si riversassero sul dollaro e sui Treasury USA quali beni rifugio. In questo caso, ciò non è accaduto. Anzi, nella settimana successiva all'annuncio dei dazi, il
rendimento del decennale statunitense è salito di 60 pb, registrando l'aumento più marcato dal 1982. L'oro, il franco svizzero e lo yen sono parsi agli investitori beni rifugio più sicuri, tanto che il metallo giallo ha segnato una serie di massimi consecutivi in tutto il periodo di reazione successivo al 2 aprile.
La decisione di sospendere i nuovi dazi annunciata mercoledì 9 aprile, appena una settimana dopo la loro introduzione, ha provocato un rialzo del Nasdaq (+12,5%) e dell'S&P 500 (+9,5%), che hanno messo a segno il terzo maggior aumento giornaliero nella storia dei mercati azionari, superato solo da quelli registrati in alcune giornate del 2008 e del 2001 durante la crisi finanziaria globale e lo scoppio della bolla delle dot com. Per inciso, nessuna delle due variazioni di maggiori entità ha coinciso con un minimo dei mercati nel corso di quei due periodi. Sulla base dei dati da cui si evince che questo movimento al rialzo è stato favorito da significative ricoperture di scoperto, dobbiamo concludere che probabilmente il minimo non è stato toccato nemmeno in questo caso.
Strategia d'investimento futura
Come spiegato nel nostro articolo di gennaio sulle prospettive per il 2025, siamo convinti che la concentrazione su un ristretto numero di società statunitensi sia destinata a terminare. I flussi di investimento passivi, l'eccezionalità statunitense e la rivoluzione dell'IA hanno concorso a creare un gruppo molto esiguo di imprese vincenti. Questa situazione destava già molta preoccupazione, ma non era chiaro quale sarebbe stato il catalizzatore di un cambiamento; adesso sembra alquanto probabile che la nuova "Trumpeconomics" possa giocare questo ruolo.
Dopo il brusco rally seguito alle elezioni statunitensi di novembre, il 2025 è cominciato all'insegna di una rapida marcia indietro, particolarmente evidente forse nei corsi azionari di Tesla. Il titolo della casa automobilistica aveva guadagnato il 40% dalle elezioni alla fine del 2024; nel 2025 ha ceduto il 37%. Un'altra inversione di tendenza ha interessato il settore dei semiconduttori, dove nella settimana cominciata il 7 aprile il SOX Index ha archiviato una flessione del 17% in due giorni, il peggior movimento di questo tipo dagli anni '70. Nell'indicatore relativo T-Score del team Global Equity non c'è un solo componente del SOX che abbia un rating positivo. Siamo fermamente convinti che il rapporto di rischio/rendimento deponga oggi a favore di una maggiore diversificazione a scapito delle strategie passive su indici core, delle Magnifiche 7 e dell'eccezionalità statunitense. Come mostrano i seguenti grafici di Goldman Sachs, la posta in gioco è alta.
La concentrazione dei flussi di fondi in una parte così ristretta del mercato crea anche una situazione di vulnerabilità all'imminente stagione dei risultati. Non crediamo che molte imprese riusciranno a scrollarsi di dosso i dazi e le relative ricadute sugli utili. Nel migliore dei casi, alcune guidance potrebbero essere ritirate; nel peggiore, è probabile che saranno riviste al ribasso. È plausibile, inoltre, che i livelli di investimento vengano ridotti, perché nessuno ha idea di quali saranno in definitiva le implicazioni dei dazi. Attingendo di nuovo alle ricerche di Goldman Sachs, è evidente che nella maggior parte degli scenari il mercato statunitense non riuscirà a registrare un rialzo duraturo.
Alla luce di tutti questi fattori di preoccupazione e del probabile calo delle valutazioni relative degli Stati Uniti, continuiamo a privilegiare la diversificazione in altre aree geografiche. Le valutazioni europee sono molto basse in una prospettiva storica; l'India sembra offrire un'economia in crescita relativamente indenne ai dazi e siamo tutt'ora convinti che la Cina offra valore per effetto del significativo derating dei titoli nazionali. In effetti, una caratteristica della politica protezionistica sull'informatica e sull'IA perseguita da Washington è quella di frenare l'innovazione nello stesso mercato statunitense. Un ottimo esempio è quello di DeepSeek. Di fronte alla prospettiva di perdere l'accesso ai chipset più potenti nel campo dell'IA, i cinesi hanno dovuto battere la via dell'innovazione e ci sono riusciti. È possibile che, rifiutandosi di condividere il proprio hardware con la Cina, gli Stati Uniti finiscano per restare indietro in determinate aree dell'innovazione?
Siamo del parere che la diversificazione sia importante anche all'interno del mercato azionario statunitense stesso. A livello aggregato l'S&P equiponderato dovrebbe sovraperformare l'omologo convenzionale. Stiamo considerando analoghi tipi di diversificazione nei portafogli azionari statunitensi.
Infine, sembra evidente che la volatilità e l'incertezza siano per il momento destinate a durare; pertanto, i beni rifugio dovrebbero costituire una parte maggiore di un portafoglio diversificato. L'oro ha messo a segno eccellenti performance ed è probabile che continui a farlo; anche le imprese aurifere hanno registrato un buon andamento, ma sono ancora ben al di sotto dei loro massimi storici. Le valute rifugio come il franco svizzero e lo yen giapponese si sono apprezzate in seguito all'annuncio dei dazi, e questo vigore dovrebbe continuare a sostenere l'attrattiva degli asset in questi mercati.
In conclusione, i livelli di rischio sono aumentati; la politica trumpiana non è chiara e può cambiare in modo imprevedibile. Con il conseguente aumento dei premi al rischio, la diversificazione sia all'interno del mercato azionario statunitense che su base geografica più ampia ci sembra una scelta sensata. La stagione degli utili del T1 sarà probabilmente improntata a una grande cautela e non potrà che sfociare in un aumento delle preoccupazioni per le imprese più colpite dai dazi. Intravediamo molte opportunità nell'azionario, dove la maggior parte delle aziende ha perso terreno nella fase iniziale di volatilità. Ciò dà luogo a chiare opportunità nelle aree in cui tali variazioni sono ingiustificate e punteremo a sfruttare queste anomalie.
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